La cooperazione culturale come fattore rilevante nella valorizzazione dei Beni Culturali. Indispensabile una nuova sinergia tra pubblico e privato

Roma, 18 febbraio 2015 – Nelle scorse settimane, si sono sovrapposte e integrate tra loro notizie e atteggiamenti relativi alla gestione dei Beni Culturali: da un lato una critica giornalistica strumentale nei confronti di esperienze importanti e qualificate di gestione da parte della cooperazione culturale dei servizi aggiuntivi di importanti Beni Culturali di Roma; dall’altro l’emergere di nuove spinte verso una gestione diretta pubblica in alternativa all’attuale gestione in concessione per quanto concerne i Poli Museali più rilevanti in termine di attrattività e conseguenti flussi turistici a livello nazionale.

Viene dimenticato o sottovalutato il ruolo innovativo e qualificato che le cooperative di servizi culturali svolgono per i luoghi della cultura in Italia: Biblioteche, archivi, piccoli musei e grandi poli culturali, al nord come al centro e al sud sono presidiati ogni giorno da soci di cooperative di alta professionalità. Esse possono rappresentare già parte di quelle competenze e capacità imprenditoriali non profit che sono indispensabili per un progetto che miri a realizzare, tramite la cultura e la creatività, le condizioni per un nuovo sviluppo sostenibile nel Paese.

Uno sviluppo sostenibile che sia misurabile, certo, dai numeri della crescita dei visitatori e dell’aumento degli incassi ma che sappia, più complessivamente, valutare anche molti altri fattori che contribuiscono ad accrescere il valore sociale di un territorio. Da molti anni molti economisti della cultura, in Italia come in Europa, studiano gli indicatori di valore economico e immateriale, diretto ed indiretto più adatti a misurare il valore aggiunto dell’investimento culturale: i benefici indotti sul territorio, in termini di buona occupazione, di diffusione di attività culturali e servizi, di assistenza didattica, di promozione verso i nuovi pubblici del turismo culturale, di inclusione sociale, di sicurezza.

Il rapporto tra pubblico e privato va profondamente ripensato per poter correggere “gli strumenti di regolazione del rapporto”, che sono fermi da anni su vecchi schemi e pregiudizi e che portano il pubblico a indire gare al massimo ribasso, a saldare i servizi con ritardi anche annuali, e a proporre modelli di gestione che risultano applicabili solo al 30% del patrimonio italiano.

 

Considerando che, in tempi di crisi, diminuiscono i finanziamenti privati alle istituzioni culturali e l’Art Bonus deve ancora dare i suoi attesi frutti, bisognerebbe forse guardare con la giusta attenzione al contributo che i gestori dei servizi culturali, se messi nelle condizioni di operare, potrebbero dare all’incremento della redditività dei siti.

Riteniamo corretto ricordare ai detrattori ed anche al Governo come la cooperazione di servizi culturali giochi, oggi, un ruolo di prim’ordine sul tema del Lavoro.

Sono diverse migliaia gli occupati, con un significativo 84% contrattualizzato a tempo indeterminato, 68% donne, 92% in possesso di lauree o diploma.

In tanti anni, pubblico e privato si sono troppo concentrati sulla moltiplicazione di inaugurazioni ed eventi, trascurando per contro le necessarie azioni di sostegno alla domanda.

Con “le domeniche gratuite e le aperture prolungate” il Governo e, in particolare il Ministro Franceschini, hanno evidenziato l’importanza di operare con nuovo slancio per affermare la straordinaria importanza di questo tema. L’Italia non può restare agli ultimi posti in Europa per quanto concerne la fruizione di Musei e Biblioteche, di teatro, musica, danza o di libri, né può stare in fondo alle classifiche europee per il pluralismo dell’editoria o per quello dell’informazione.

In questo grande impegno collettivo per promuovere la cultura come risorsa per il Paese e la fruizione culturale ed il protagonismo dei cittadini come elemento di crescita sociale e di democrazia la cooperazione culturale intende svolgere un ruolo rilevante. Essa parte dalla scelta, insita nell’essenza cooperativa, di mettere al centro del proprio agire le persone e il lavoro: i soci di una cooperativa culturale sono infatti al tempo stesso produttori e fruitori di cultura, PROSUMERS si direbbe, e tale coincidenza si realizza ancora più pienamente nelle nuove forme di cooperative di comunità, laddove sono gli stessi cittadini a partecipare attivamente alla valorizzazione del patrimonio locale presente sul territorio.

La stagione che si apre, anche rispetto alle opportunità di intervento previste nei Piani Operativi Regionali e Nazionali per l’utilizzo strategico dei Fondi strutturali Europei, consente di costruire e realizzare progetti concreti per il futuro del settore e del Paese; progetti che devono vedere alla prova una nuova capacità di costruire vere convergenze di obbiettivi tra intervento pubblico ed iniziative private per mettere a valore l’immenso Patrimonio culturale e di competenze e creatività di cui l’Italia dispone. Le imprese cooperative e l’Alleanza delle Cooperative con esse, sono da tempo fortemente impegnate, con il supporto dei propri strumenti finanziari, a realizzare e mettere a disposizione della crescita sostenibile dei territori nuovi modelli di intervento e nuovi strumenti operativi nell’ambito della valorizzazione dei Beni Culturali: progetti concreti che comprendono prime piattaforme di rete, la promozione di nuove cooperative di comunità, start up di imprese creative. Elementi questi che rappresentano una base di “buone pratiche” da conoscere, diffondere e far crescere nel Paese.

Alleanza Cooperative Italiane – Cultura

Alleanza Cooperative  Italiane – Turismo

 


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