Duecentosessanta casi, la metà ancora attivi, con una vita media superiore a quella delle altre imprese, concentrati soprattutto in Toscana, Emilia Romagna e Marche. È l’identikit dei workers buy out italiani censiti da Euricse e presentati oggi pomeriggio al palazzo della Cooperazione. I workers buy out sono uno degli esempi delle risposte che la cooperazione riesce a dare durante le crisi siano esse sistemiche o aziendali. Nascono su iniziativa dei dipendenti di un’impresa a rischio fallimento, si organizzano danno vita a una cooperativa che ne rileva le attività provando a dare nuova linfa all’esperienza imprenditoriale oramai agli sgoccioli.
Due terzi dei Wbo italiani è stato realizzato in imprese che avevano non più di 49 dipendenti, un quinto delle operazioni è stato portato a termine in Toscana (22%), il 15% in Emilia Romagna e a seguire, con poco meno di un caso su 10, in Lombardia. In due terzi dei casi le imprese recuperate erano attive nel settore industriale, servizi, edilizia e commercio completano i dati dell’analisi settoriale.
«Ciò che emerge dalle nostre ricerche – ha spiegato Gianluca Salvatori, amministratore delegato di Euricse – è che il processo di workers buy out permette non solo di salvare l’impresa ma anche di rinnovarla, riconvertirla arrivando a costruire nuove opportunità su basi solide. Non a caso la vita media dei Wbo è superiore a quelle registrate per le altre imprese».
Per l’Alleanza delle Cooperative Italiane hanno partecipato il presidente Rosario Altieri, il co-presidente Maurizio Gardini e Luca Bernareggi, che hanno evidenziato la capacità di queste imprese di trasformare le difficoltà in opportunità, grazie al coraggio dei lavoratori che decidono di investire in prima persona sul proprio futuro.